RECENSIONE LIBRO: “Zigulì”
AUTORE: MASSIMILIANO VERGA
GENERE: AUTOBIOGRAFICO
TRAMA: L’autore racconta la sua vita quotidiana di padre con un figlio di otto anni con grave disabilita’ simil-autismo e deficit organici (non vede e non parla).
In questo libro colpisce di primo acchito la crudezza con cui racconta le vicissitudini quotidiane che padre e figlio devono affrontare, paragonando la loro condizione ad “un lavandino che perde acqua” (il figlio) e lui, il padre, un idraulico poco competente. L’autore si definisce senza mezzi termini una persona che si e’ trovata con le spalle al muro di fronte ad una grande difficolà e al grande dolore di avere un figlio con cui non sa comunicare, ma ciononostante completamente innamorato di quella creatura con la quale e’ difficile interagire. Il libro è ricco di aneddoti agro-dolci, come la volta in cui si trovano insieme al parco, il padre gustandosi una birra e il figlio con una bottiglia d’acqua che si diverte a rovesciarsi addosso piu’ volte, ridendo e divertendosi insieme. Questo padre ha dei comportamenti un po’ atipici e alternativi, a tal punto che ha deciso di provare a curare gli attacchi epilettici del bambino con l’olio di canapa.
Quel bambino proprio perche’ cieco gli ha insegnato a guardare il mondo con occhi diversi e a capire che e’ importante dare maggiore attenzione agli altri. Definisce piu’ volte il figlio un bambino adorabile, ma che fa paura per la nostra incapacita’ ad interpretare la sua aggressivita’ in maniera giudicante e affrettata. L’autore nonostante la crudezza del linguaggio in tutto il libro, termina con un’immagine dolcissima e molto bella, definendo il figlio un prato pieno di margherite nel quale bisogna camminare con molta attenzione per non calpestarle.
COMMENTO: L’autore, l’abbiamo sottolineato più volte nella descrizione della trama, utilizza un linguaggio aspro e crudo, ma concreto, realistico e coraggioso esprimendo dei pensieri che magari molti genitori hanno di primo impulso riguardo alla difficoltà di accettazione della disabilità del proprio figlio, ma che non trovano la sincerità di esprimere cosi’ apertamente. Ciononostante però, non trapela dalle sue parole il vissuto di vergogna, bensì una rabbia iniziale e diffusa, soprattutto nei primi capitoli. Il rapporto che ha con il figlio e’ molto particolare; di amore/odio che si alternano a seconda delle vicende quotidiane. Forse un po’ come accade a tutti i genitori quando i figli non corrispondono esattamente alle loro aspettative, disabilità a prescindere. Non per niente, infatti, ha messo un sottotitolo al libro che e’ La mia storia dolce amara con un figlio disabile. Questo linguaggio cosi’ forte da lui usato deriva senz’altro dalla rabbia, dall’impotenza e dalla frustrazione che prova e dalla preoccupazione che ha per il futuro del figlio dopo la sua morte; tanto da dichiarare di sperare di vederlo morire prima di lui per soffrire di meno.
VALUTAZIONE: Buona/discreta: per il contenuto; per lo stile linguistico un po’ troppo provocatorio (troppe parolacce!)
A CHI CONSIGLIAMO LA LETTURA: A tutte le persone che non hanno il coraggio di dire quello che pensano; nella “spietata” interezza che a volte la verità comporta.
PERCHE’ NE CONSIGLIAMO LA LETTURA: E’ un esempio atipico di genitore che decide di utilizzare la sua testimonianza senza buonismo e pietismo nei confronti della disabilità del figlio. Anche a costo di risultare ad una lettura superficiale, un “cattivo genitore”.
NOTE SULL’AUTORE
Laureato in Scienze Politiche all’ università degli studi di Milano , ha conseguito il dottorato di ricerca di Sociologia del Diritto presso l’Università Bicocca di Milano, dove insegna Metodologia della Ricerca Sociologicogiuridica ed Elementi di Filosofia e Sociologia del Diritto. Si occupa prevalentemente dei diritti umani, bioetica e usi medici di sostanze alternative a scopo terapeutico. Autore di numerosi articoli su riviste e volumi contemporanei, ha pubblicato varie monografie tradotte in più paesi europei. Nel 2012 pubblica con Mondadori “Ziguli”: la mia vita dolceamara con un figlio disabile, a proposito della sua esperienza di padre di un bambino autistico di otto anni di nome Moreno.
Loretta e Paola
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