TESTIMONIANZE: “La mia esperienza con i profughi”
Parlando con Karina, responsabile del Centro Residenziale, mi è stato chiesto di mettere per iscritto le mie riflessioni sull’esperienza che sto facendo insegnando la lingua italiana ai profughi che ospitiamo. L’attività è iniziata a giugno con l’aiuto di alcune mie amiche che vengono spesso a trovarmi. Non ho nulla di nuovo da dire sull’argomento immigrazione, in questi giorni soprattutto, ci sono già tante persone che parlano e parlano e la mia voce non è certo più importante, pero’ se può servire per aiutare i miei scolari, come li chiamo io, ci provo.
Li abbiamo visti arrivare qui alla Don Pippo e sistemarsi nei loro appartamenti, tornare con sporte carichi di spesa. Sono dodici ragazzi sui vent’anni e ai quali immagino non manchi l’ appetito.
All’inizio giravano tutti in gruppo e quando li incontravo l’unico contatto era un ciao e poi ognuno per la propria strada. Quando mi e’ stata proposta questa attività ero un po’ perplessa, erano i primi tempi in cui arrivava tutta questa gente bisognosa di tutto e mi sembrava strano avere la possibilità di poterli aiutare. Poi li ho visti giorno dopo giorno applicarsi nello studio, sforzarsi di imparare e cercare di raccontarsi in ogni occasione d’incontro. Hanno più o meno l’età dei miei figli e col tempo, anche se mi veniva detto di non farlo, ho finito con l’affezionarmi a loro e penso alle loro famiglie in Africa che non li vedono da mesi se non per telefono. Guardo i loro visi durante la lezione e osservo il loro sguardo smarrito, spaventato che supplica aiuto, ti guardano senza capire cosa dico e sembrano dei bambini piccoli che ti chiedono aiuto ed invece il nostro stato, da un giorno all’altro smette di aiutarli e vengono cacciati in strada. Io non ho soluzioni, ma mi fa male pensare al futuro di questi bravi giovani che hanno solo avuto la sfortuna di nascere in Africa anzi che’ qui come i nostri ragazzi.
Pero’ mi chiedo, ci sono strutture che aiutano gli ex tossici, le prostitute e nessuno può fare nulla per questi giovani cittadini del mondo, creature di Dio come tutti? Quindi basta italiani, africani ma proprio fratelli in Dio e chiedo a chiunque può dare una mano, un piatto,un letto, di farsi avanti.
Senza nessuna paura si può dire che questi ragazzi , potrebbero essere i nostri figli, costretti a scappare dall’Italia ed io vorrei tanto che incontrassero qualcuno capace di aiutarli.
Quando li incontrate non voltatevi dall’altra parte, ma guardateli negli occhi, grandi, profondi, spaventati di bambini cresciuti troppo in fretta.
Vorrei fare di più, ora che da quel ciao siamo arrivati a parlare delle nostre vite. Continuano a dirmi di non affezionarmi troppo a loro, lo so che sarebbe giusto cosi’, ma quando li incontro non sono più dei profughi, ma delle persone, degli esseri umani. Ho impiegato questi sei mesi per imparare tutti i loro nomi ed ora che ci sono riuscita, sono per me diventati i miei ragazzi.
Loretta spada
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